La guerra di Grillo

Di conversioni e riconversioni ne ho ammirate diverse, nella vita da desk a cui pare sia destinata. Nutro una diffidenza naturale, lo ammetto, nei confronti di quanti mantengono un approccio dogmatico al sistema di categorie di pensiero che si sono costruiti e dietro cui amano trincerarsi, sottraendosi al dialogo.

Accolgo con l’apertura necessaria, invece, quelli che si arrogano il diritto di poter cambiare idea e di rivedere – magari – una posizione che è stata espressa – magari bis – con termini inappropriati o rivelatesi infelici. Però in questo post “Il nuovo femminismo” (vedi screenshot) pubblicato in tempi ormai remoti sul blog di Grillo e divenuto un caso per gli amanti del genere e gli addetti ai lavori (certi numeri non possono essere trascurabili) leggo più di quanto scritto, più di quanto maldestramente espresso.

Il disgusto prevale e non si affievolisce alla rilettura. Neanche a una terza lettura, a dirla tutta: se l’intento dell’editor, investito da questo ingrato compito, è di produrre sensazioni contrarie non riesce a renderle con l’adeguato appunto di ironia e distacco. Male, male, male. Di meraviglie sulla lotta alla violenza sulle donne associate a questo spazio – mi riferisco  al blog in toto – ve ne saranno pure state, ma questo post che per i buoni e giusti è ad uso strumentale dei media tradizionali, dei trollS o degli uomini allineati, ha lo stesso germe che ha infettato la campagna distruttiva nei confronti di Federica Salsi. Denigrata più e peggio di Giovanni Favia.grillo-salsi-il-talk-show-ti-uccide

O che ha scatenato le offese gratuite a Laura Boldrini (che avrà pure assoldato un nome noto, ma ha concretamente rinunciato a una parte dei suoi emolumenti), ex portavoce dell’Alto Commissariato per i rifugiati e ora presidente della Camera dei Deputati, estese anche a Piero Grasso (che aspetta di incontrare Marco Travaglio). O le invettive lanciate nel mitologico scritto di ieri contro le orde “di trolls, di fake, di multinick” pagati per disturbare la sacralità degli spazi dedicati ai commenti (?) in un secondo livello autoreferenziale a prescindere dalle regole di buon senso (e nonostante i duemila e passa interventi ‘senza filtri’ sotto il suddetto post di anni fa).

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D’altronde, la strategia di Gian Roberto Casaleggio & soci ricalca modelli comunicativi di successo (dall’uso dei social all’acquisto di followers alla traversata dello Stretto di Messina), su cui è superfluo soffermarsi oltre il dovuto e che risultano rintracciabili nella letteratura,  e che hanno decretato la stessa authority del blog in tempi non sospetti, antecedenti all’esplosione del caso con una minuziosa programmazione e all’evoluzione di questo strumento in altro.

Perché adesso è il media, il principale non di certo l’unico considerato la corposa articolazione studiata, di cui si è dotato il M5S attraverso cui impartire direttive, assumere posizioni, elargire i nuovi precetti di cui si doterà questa aggregazione tutt’altro che informe che sta assumendo progressivamente la forma tradizionale del partito sebbene questo processo non sia ancora consapevole e non ancora sedimentato nell’opinione pubblica.

La separazione tra quanti sono con e quanti non lo sono più, tra fidelizzati e protestanti si è delineata con maggiore demarcazione all’avvio delle consultazioni bersaniane restituendoci un mondo assai più frammentario rispetto a quanto il controllo verticistico consentisse di figurarsi (concetto già ribadito qui).

Mossa dopo mossa, compresa quell’inversione di giudizio sul Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, al  marketing puro dello slogan uno vale uno si sostituisce la complessità su cui il controllo non può rivelarsi totale. E non basta l’espulsione per normalizzare la situazione. Grattata la superficie, dovrebbero intravedersi contenuti condivisi oltre le teatrali enunciazioni di Vito Crimi e Roberta Lombardi: da militanti, da componenti di MeetUp, da parlamentari.

La guerra di Grilloultima modifica: 2013-03-25T18:06:39+01:00da elisdono

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